giovedì 2 dicembre 2010

mamma o non mamma?

Madri si nasce?

E' scritto nel dna, nel sistema endocrino, sotto pelle, sotto il cuscino?

Tra le mie amiche d'infanzia una sola è diventata madre, a 35 anni.
Psicoterapeuta, tenero figliolo iperattivo, che in una delle mie rare visite mi ha quasi cavato un occhio con la fionda da survivor, mentre i genitori sorridevano orgogliosi, manco fossimo a Salina.

Tra le mie amiche d'università due sole sono diventate mamme, a 35 anni.
Una è decisamente una doppia-mamma-alpha - con una mano imbocca il pupo, con l'altra scrive sul blackberry, mentre ordina al primogenito di stare seduto - e sembra avere programmato alla perfezione la propria routine.
L'altra è una doppia-mamma-partenopea-creativa con mini-figli inglesi, ha una ricrescita di dieci centimetri e sembra sempre sull'orlo di una crisi di nervi, ma poi alla fine si mette a ridere.

Le guardo dall'altro capo del tunnel e ricomincio a domandarmi what's wrong with me?, poi passo a what's wrong with them?, alla fine decido di non prendere posizione. Meglio.

Tra le mie amiche dell'età adulta, fammi pensare...non è possibile...beh, si: nessuna è madre.
Credo ci sia scelte anche per questo.

E sempre più si vanno delineando due fronti: coppie con figli vs coppie senza figli. Per forza. Dopo qualche tentativo di uscita ibrida si è deciso di desistere, per il bene di tutti.

A me i figli delle mie amiche sono pure simpatici.
In particolare sto frequentando quelli anglopartenopei, bilingui. Mi fanno ridere, mi obbligano a riflettere, mi mettono di fronte a me stessa, mi spalancano l'immaginazione, mi fanno dare nomi nuovi alle cose, e credo che questi siano anche gli aspetti che aiutano la mia amica a non sterminarli la notte.

Ma non posso capire fino in fondo. Perchè non ho procreato. Ed è così difficile spiegare alla gente che non ci soffro. Non ci crede nessuno. 

Visto che sono in piena età fertile - secondo i parametri della knowledge economy - per un po' sondano le intenzioni (ci state pensando, vero?), prima in modo discreto, poi in un crescendo di indiscrezione, dopodichè, con aria sempre più perplessa passano alle domande dirette: ma li volete o no, voi, dei figli?

Oppure virano subito verso un imbarazzo colmo di empatia struggente. Glissano. Alzano le sopracciglia. Spalancano sottintesi.

L'aspettativa generale stava raggiungendo picchi isterici, quando abbiamo deciso di comprare due gatti.

Non uno. Due.
(Lo so i gatti non si comprano, si va a salvare quelli abbandonati. Invece noi non solo non facciamo figli, ma compriamo pure gatti di razza).

Di colpo: tutti zittiti.
Stesi.

Poi è ricominciato il brusio.

Surrogatto? Coppia sterile? Lei è stronza? Double income no kids? Vogliono continuare a viaggiare due mesi all'anno? Sono in crisi? Si stanno lasciando? Non fanno più sesso?

Who cares?

Sono tanto carine, e anche loro mi fanno ridere, mi obbligano a riflettere, mi mettono di fronte a me stessa, mi spalancano l'immaginazione, mi fanno dare nomi nuovi alle cose...




Alla gente dico che ho avuto due gemelle pelose.

Così sono contenti, ma rimangono nel dubbio: le neonate soffriranno di irsutismo?


martedì 9 novembre 2010

Osmosi

Allora, tesoro, cosa preferiresti fare?

Abbiamo un posticino al Grande Fratello 2011, uno in Regione Lombardia, uno in Regione Campania, in lista per la Provincia di Catanzaro alle prossime Amministrative, per le Veline ormai si parla del 2012, ma se ti accontenti c'è un posto fisso a Uomini e Donne.
E se fai la brava si va in Parlamento, puoi scegliere tra italiano ed europeo.

Non ti preoccupare per il look, quello si aggiusta.















giovedì 28 ottobre 2010

Berlusconi mi smantella l'ironia

Credevo di essere ironica.

Credevo di avere l'ironia nel DNA.

Credevo di essere una Brit-padana.

Deviazione della freccia semantica, distacco dall'oggetto.

E invece mi ritrovo la freccia semantica incollata su binari dritti-dritti e sempre meno distaccata dall'oggetto.

Aderisco.

Affogo dentro le cose.

Sarà l'età adulta?

Sarà la Crisi?

Sarà Berlusconi?


Si, è colpa di Silvio Berlusconi.

Alla rivelazione di ogni sua nefandezza (e già usare nefandezza mi porta in alto mare. Potevo dire cialtronata, anche se sa di polvere atavica. Ma come faccio a dire cialtronata se mi si accartoccia lo stomaco?), mi si smantella un pezzetto di ironia.

Stamattina mi arriva il procione in cucina con un sorrisino beffardo, avvolto in un accappatoio umidiccio (il procione è il mio uomo-mammolo, non riesco ancora a dire marito, è un mio problema. Il fatto è che anche io sono Il procione, chiaro sintomo di coppia simbiotica, surrealmente paritaria e potenzialmente asessuata-speriamo di no. NdA).

Ha in mano l'iPad aperto sulla prima pagina di Repubblica.

'Hai sentito del Bunga Bunga?'.

E ride.

Sembra proprio godersela.

'No' - dico, trangugiando un biscotto biologico al cacao totalmente insapore -
cos'è? Il neologismo del giorno?'

'E' il nuovo gioco erotico del premier. L'ha copiato dall'harem di Gheddafi. Leggi l'articolo, io l'ho trovato spassosissimo, it made my day'

Lo guardo perplessa. Diffidenza. Ormai lo so. Quando fa' così significa che si prepara allo spettacolo della mia incazzatura. Lui provoca di mestiere.

Afferro l'iPad con le dita unte.

Poso la tazza di tè Earl Grey con abbondanti latte e zucchero, ultima vaga suggestione Brit .
Oggi non è giornata da tè verde, devo averlo intuito.

Leggo l'articolo di Colaprico e D'Avanzo:

Ruby, le feste e il Cavaliere

Durante la lettura l'Earl Grey mi si addensa spugnoso nell'esofago.

'Non ti fa ridere?'

Silenzio. Fisso i fiori del vassoio Japanware.

'No'.

Non mi fa per niente ridere. Mi viene da piangere, invece.

Altro squallore. Ancora. Non c'è limite.

Ormai dovrei avere sviluppato gli anticorpi, difese sufficienti a non farmi più ferire da descrizioni dettagliate e morbose dell'uso sistematico delle donne come merce dentro i palazzi del potere nell'Italia degli Anni Dieci.

'Io non ci riesco. E tu perchè ridi?'

'Perchè è surreale! Pittoresco! Te lo immagini il Bunga Bunga?'


Pittoresco? Preferirei che tu dicessi grottesco e inaccettabile, darling.

E non me lo voglio proprio immaginare, il Bunga Bunga.

Dopo lo sgomento e lo scoramento, sento che arriva l'incazzatura.


Perchè nessuno fa nulla?

Perchè gli uomini ridono?


Io rivoglio la mia ironia.




mercoledì 20 ottobre 2010

Ok, spatiniamoci

un modo per non accettare la schiavitù della bellezza perenne, della perfezione, della form over substance:

spatiniamoci con fierezza!

come fanno queste fantastiche donne alpha, che hanno la sfrontatezza di mostrarsi (più o meno) come sono, with all their perfections, with all their imperfections, in un mondo-photoshop.

credo ci si riesca se si ha quello sguardo.







E non c'è bisogno di essere icone-pop.
Mia madre mi insegna: oltre ai geni, ci vuole carattere.
Ma io non ho ancora quello sguardo. Ci sto lavorando...

lunedì 18 ottobre 2010

Superfici (in)visibili

Il commento di Kalla a Diritto al Personal Care mi porta a queste riflessioni:

Credo che in questo momento si stiano intrecciando due correnti, nel magma delle identità e delle superfici visibili femminili (e maschili):
1 - Il narcisismo diffuso - sostenuto anche dal marketing della bellezza globale - spinge tutti, uomini e donne, a dare un'importanza sostanziale all'aspetto fisico. Ormai è scontato concepire il corpo (e le sue protesi artificiali come abiti, accessori, gadget tecnologici) come il primo livello di contatto con gli altri e - di conseguenza - predisporlo al meglio per essere accettati, piacere, ottenere quello che desideriamo. La sindrome da prima impressione è un dato di fatto. Nel privato, nel pubblico.
2 - I mutamenti del ruolo della donna nella società moderna/post-moderna/contemporanea sono stati progressivi e hanno attraversato varie fasi, ognuna delle quali ha avuto un suo modo di intendere il corpo e l'aspetto esteriore:
- anni '60 e '70: scontro tra i sessi. Le donne si imbruttivano apposta, come espressione di ribellione a un modello di donna-bijoux-soprammobile. Si lasciavano crescere i peli sotto le ascelle e sulle gambe. Lasciavano le tette libere da costrizioni (come non molto tempo prima si erano liberate della tortura del bustino, che le rendeva belle e fragili statuine di pocellana con vitini di vespa). Non si truccavano (le femministe in prima linea) o si truccavano in modo esagerato (quelle enormi ciglia finte, gli ombretti pesanti, l'eyeliner), di nuovo per dimostrare libertà e rottura delle regole precedenti.
- anni '80 e '90: donne-maschie per forza. Per competere alla pari le donne si costringevano ad assumere atteggiamenti e modi maschili. Anche nel look: tailleur pantalone, gessati, spalle gigantesche, capelli corti. Corpi androgini alla Grace Jones e Working girl(s) nella Manhattan degli yuppies.
- anni 2000: soft-power femminile. Dopo le rivendicazioni e l'aggressività come manifesto, recupero di una femminilità come tratto distintivo e punto di forza. Caduta dell'annullamento del femminile, annegato dentro i codici maschili. La chirurgia plastica ed estetica offrono nuove opportunità ma anche trappole rischiose: per controbilanciare la donna-maschia le donne accentuano i tratti femminili in modo estremo: labbra-canotto, zigomi scultorei, seni fuori scala. Chi impone veramente questo modello?

2010. Oggi. Le due correnti si stanno fondendo dentro un macro-trend globale:
Everything is designed/Ogni cosa è disegnata: l'auto, il cellulare, il salotto, il tuo viso, lo spazzolino, il giardino, il latte, il cielo, il gatto, il sogno.
Estetizzazione diffusa quotidiana.
Anche i nostri corpi. Femminili e maschili. Dobbiamo essere belli. Perfetti. Non sono ammessi segni di cedimento. 
Per questo non è permesso invecchiare male. Bisogna invecchiare bene.
Penso che oggi entrambi i generi - e tutte le sfumature intermedie - siano intrappolati in questo paradigma.
Non credo che gli uomini soffrano meno, per il costante senso di inadeguatezza e lo stress da performance esteriore.
Solo che le donne avevano appena sentito le cinghie delle imposizioni allentarsi, dopo secoli di modelli subiti, e già si ritrovano imprigionate in una nuova costrizione: la bellezza perenne.
Ieri sera leggevo il racconto 'Festa di fine estate' di Alice Munro, ecco cosa pensa la protagonista, Roberta:
'Supponiamo che ai suoi occhi l'imperdonabile sia proprio lei. Non è sempre così la sua vita, un susseguirsi di catastrofi? All'inizio, non appena notava un deterioramento, si affannava a cercare rimedio. Ora invece, ogni rimedio porta con sé ulteriori guai. Si spalma freneticamente le rughe di crema, con il risultato che le si copre la faccia di brufoli, come un'adolescente. Affannarsi fino a raggiungere una misura soddisfacente di girovita ha prodotto guance e collo avvizziti. Ascelle flaccide. Che ginnastica c'è per rassodare le ascelle? Che si può fare? E' venuto il tempo di pagare il conto, e di che cosa, poi? Della vanità. Neanche. Solo di aver avuto in passato certe superfici gradevoli e di aver permesso che parlassero al tuo posto; solo di aver accettato che una pettinatura, un paio di spalle, un bel seno, producessero un effetto speciale. Non ci si ferma in tempo, non si sa cambiare; ci si vota alla futura mortificazione. Ecco cosa pensa Roberta, mentre un'onda di inequivocabile vittimismo le si gonfia dentro, amara come fiele.'
Quelle superfici siamo noi?


lunedì 4 ottobre 2010

Libere di fare qualcosa



Ieri sera ho sfoderato le mie risorse passive-aggressive per entrare al pelo al Teatro Franco Parenti e assistere all'unico spettacolo milanese della mini-pièce Libere, di Cristina Comencini, dialogo in sala d'aspetto tra la matura Lunetta Savino e la ragazza Isabella Ragonese.
Ho rischiato seriamente di rimanere fuori insieme ad altre 200 donne, i posti disponibili nella sala 'grande' erano solo 500. A Torino, venerdì sera, pare che a rimanere fuori siano state ancora di più.

C'èra anche qualche uomo tra il pubblico, spuntavano sparuti qua e là, ho intravisto sia visi lisci che ciuffi canuti, un paio hanno pure preso la parola.

Che donne c'èrano nella sala grande?



Molte cinquanta-sessantenni, quelle che il femminismo l'hanno vissuto e forse più sgomente di fronte all'involuzione attuale.
Parecchie trentenni, quelle più disorientate, generazione di mezzo, eterno limbo.
E poche ventenni, che invece sembrano più combattive e determinate, ma - a sentire la vecchia guardia - è solo una questione di tempo: illusione giovanile pronta a subire la mazzata a breve (notato un certo ottimismo).

A organizzare la serata il gruppo Di Nuovo

Di Nuovo

nato da circa un anno a Roma come reazione alle ultime vicende politiche ad alto tasso di maschilismo (D'Addario&Co) e che ha prodotto un documento di sintesi sullo stato di malessere delle donne italiane di oggi e la voglia di ricominciare a pensare un movimento femminile italiano:

Documento Di Nuovo

Ieri sera è stata una serata importante. Il teatro ha un linguaggio che veicola pensieri ed emozioni in modo diretto. Parla a tutti, mette tutti a nudo, senza l'apparato retorico del politichese (che tradizionalmente dice poco e ultimamente è sfociato nel nonsense).

Mettere in scena il dialogo tra le due generazioni - quella che si è già ribellata e che ricorda con nostalgia i momenti e lo spazio di condivisione e quella che  ha ereditato le conquiste precedenti dando la parità per scontata e che si è scontrata con un mondo dove tutto invece era rimasto come prima - è un inizio.

Ricominciare a parlare, prima di tutto.
Confrontarsi, condividere, al di là degli individualismi.

Perchè il problema in Italia è stato anche questo: a una prima fase di ribellione - che ha portato leggi importanti come quella sul divorzio e l'aborto - è seguito uno stallo.
Mentre negli altri paesi europei le donne hanno continuato il processo di cambiamento, anche tramite l'attività politica, in Italia qualcosa si è inceppato, i successi sono rimasti soprattutto nella sfera individuale.
Cosa ovviamente importantissima, ma non sufficiente per cambiare una società, soprattutto in un paese con fattori-contro alla radice: cultura mediterranea patriarcale e Vaticano in casa.
In Italia, lo sappiamo, ci sono moltissime donne in gamba, che hanno fatto carriera in campi molto diversi e che hanno raggiunto posizioni influenti.
Tante donne alpha, insomma.

Ma non c'è stata una controparte a livello di rappresentanza politica e lo Stato è rimasto indietro rispetto al privato.

Perchè in Europa le donne possono contare su stipendi paritari, possibilità di part-time dopo la maternità, strutture diffuse e di qualità per potersi permettere di continuare a lavorare anche se si è scelto di diventare madri? (io in Europa ci ho lavorato, e posso garantire che è tutto vero! Non c'è bisogno di fare le eroine e massacrarsi tra casa e lavoro!)

Quindi: prima dobbiamo riprendere a parlare.

Poi però dobbiamo fare qualcosa, perchè così non va.

Io ho aderito a Di Nuovo (basta una email, link dal loro sito) già qualche mese fa e aspetto con curiosità una prima riunione milanese, che Iaia Caputo - referente milanese del gruppo - ieri sera ha promesso per Novembre.

Allora, facciamo qualcosa?

giovedì 23 settembre 2010

Tacones lejanos



La donna alpha ha bisogno di ergersi al di sopra della polvere, della sporcizia della strada, dei pregiudizi, degli sguardi obliqui, delle pulsioni troppo uterine, delle calamità naturali, dei ruoli precostituiti, di ogni sospetto.

Speriamo ci reggano le caviglie :-)



mercoledì 15 settembre 2010

Conguaglio linguistico



Ho notato che ultimamente dentro la scatola e sulla carta (non nella rete, in generale meno ingessata e ruffiana) si tende a distinguere. 
La lingua italiana lo permette.

Giornalisti, presentatori, politici a destra e a sinistra, mezzi busti ci tengono a puntualizzare, fissando concentratissimi la telecamera (o la tastiera), dando ritmo e tono appropriati:

'Le spettatrici e gli spettatori...'

'Le cittadine e i cittadini italiani...'

(sempre prima al femminile, che galanteria)

Che succede?

A prima vista mi sembra una furbata ipocrita sull'onda dei maldipancia da D'addario&Co, quote rosa linguistiche, pura fuffa retorica, con vago odore di muffa ottocentesca.
E in chiara prospettiva pre-elettorale (e adesso la donna incazzata chi voterà?)

Per capire se possa essere un segnale più ampio dal punto di vista linguistico, mi sono letta questo documento del 2007, very inspiring:

Il genere femminile nell'italiano di oggi

Scopro che negli anni '70 (che strano) si è arrivati alla conclusione che la lingua italiana è di stampo androcentrico (che strano) e quindi non adeguata ad esprimere il genere in modo corretto.
'La lingua non veicola adeguatamente la nozione di genere ma ne dà una versione deformata'.

Per esempio, è giusto dire:

'Il soprano è andata via con suo marito'

o

'La soprano è andata via con suo marito'

?

E' giusto anteporre l'articolo femminile, se il referente è femminile.
Ma suona sbagliato, no?
Come suona ancora sbagliato declinare al femminile alcune professioni: l'architetta, la notaia, l'avvocata (guarda caso professioni non troppo tempo fa precluse alle donne)...mentre questa è la direzione corretta.

(pensare che se mi chiamano architetta mi dà sempre un po' fastidio, credo di trovare maschilista l'assonanza con la tetta, mi sembra sempre una presa per il c. e probabilmente lo è)

Questo perchè la lingua italiana si presta e si è sviluppata facendone un uso sessita.
La lingua è puro simbolo e riflette la società che la produce.

Ma allora cosa significa in questo momento tutta questa enfasi sulla distinzione all'interno dell'audience tra uomini e donne?

Spettatrici e spettatori.

Scopro che è corretto 'evitare l'uso del maschile come genere non marcato' (maschile 'onnivalente') per evitare l'oscuramento dei referenti femminili (ci saranno sicuramente sia donne sia uomini all'ascolto e i cittadini italiani sono di certo sia uomini sia donne).

Non so, ma mi suona come fregatura.
Pura forma. Un doppio salto mortale linguistico, tanto per confondere le acque.
Dal sessismo linguistico alle pari opportunità?
Sarà l'effetto di una circolare ministeriale voluta da Mara Carfagna?

Pensiamo piuttosto a riallineare il nostro paese al resto del mondo, la lingua seguirà.

martedì 7 settembre 2010

Somewhere else


Mi chiedo cosa abbia spinto Sofia Coppola - nonostante tutto ancora la mia regista preferita - a inserire un pezzo di Italietta-Videocracy nell'esile Somewhere.

Perchè immergere per un giorno i due protagonisti - padre attorefamosostraniato molto lost in Los Angeles e figliadolescentesensibile molto vergine eterea - nella palude del peggiore kitch italico contemporaneo, dove galleggiano velone telegatte, cosce di vera Marini, urla di vera Ventura, distributori pappa similCecchiGori, attricette ninfomani Chiatti?

Sofia Coppola è una vera trend setter indie, è una che annusa i mood e cattura l'essenza del nostro tempo, l''air du temps', e poi la traspone con leggerezza nei suoi film fatti più di sensazioni ed epifanie che di storie solide.

Se ha scelto l'Italia berlusconiana come parentesi pop trash internazionale per il suo ultimo film, il motivo non può essere solo autobiografico.

Forse ha sentito che è il momento giusto per stigmatizzare il nostro modello culturale dominante.

Nella speranza che se ne intravvedano le crepe, somewhere.

venerdì 3 settembre 2010

Diritto al Personal Care


Io mi prendo cura delle mie mani e dei miei piedi.

Mi depilo, anche d'inverno.

Tengo in ordine le sopracciglia.

Mi sottopongo regolarmente a trattamenti viso e corpo, massaggi e soin.

Cerco di fare regolarmente un hammam: ha effetti detox e rafforza le difese.

Tengo sotto controllo la pelle del viso, dall'esterno - con una routine quotidiana skin care a base di prodotti il più possibile naturali, privi di paraben e fragranze di sintesi - e dall'interno - con integratori come l'MSM, gli Omega 3, 6, 9, la Maca, il Magnesio.

Curo i miei lunghi capelli castani facendoli lavare da mani esperte una volta alla settimana con shampoo-miele e balsamo-primula.


Per chi faccio tutto questo?

Per me?

Narcisismo puro?

Per piacere agli altri?

Per sentirmi bene con me stessa e con il mondo?

Lo faccio perchè mi va.
Mi fa sentire bene.
E non ci vedo proprio nulla di male o di contraddittorio rispetto alla mia dimensione pensante o alle mie idee politiche.

Il Personal Care non è dominio della destra conservatrice!

Nell'Italia degli Anni Dieci una donna che ama mantenere il proprio corpo in forma deve essere ancora etichettata come 'donnicciola frivola e superficiale'?

Non sono categorizzazioni un po' troppo logore?

Certo che se la voce femminile in Parlamento emerge solo se Daniela Santanche' replica a Barbara Contini riguardo alle donne del Pdl relegate a ruoli subalterni con la celebre frase 'I tacchi a spillo logorano chi non ce li ha' siamo noi stesse a cementare queste antitesi anacronistiche.


Mia madre, nata nel '48, negli anni '70 non portava il reggiseno, non si depilava regolarmente e non si sarebbe mai sognata di andare dal parrucchiere una volta alla settimana. Tempo sprecato. Soldi sprecati. Vanità deplorevole.

Ma lei, con la sua generazione, doveva opporsi ad un modello di donna-angelo-del-focolare alla Doris Day (vedi serie Mad Men arrivata alla quarta stagione, che affronta - con stile - proprio quel passaggio, negli Stati Uniti dei primi anni '60). Era in corso una lotta (e forse noi oggi la diamo per scontata). C'èra bisogno di estremizzare gesti e pensiero.



Zadie Smith, autrice che amo, dichiara in un'intervista pubblicata su D di Repubblica di Sabato 28 Agosto:

D: Natasha Walter ha scritto un saggio sull'ipersessualizzazione della cultura. Lei ha una figlia piccola. Si preoccupa?

Zadie Smith: Certo. E pensare che mia madre, grande femminista, non si è mai truccata in vita sua. Mai. E io sono cresciuta senza trucchi. E' stato all'università, a 21 anni, che qualcuno mi ha detto 'forse dovresti fare qualcosa con le sopracciglia'. E così mi sono depilata per la prima volta le sopracciglia e pure le gambe. Che enorme spreco di tempo!


Perchè negli Anni Dieci una donna che usa il cervello per vivere deve sentirsi in colpa e obbligata a giustificarsi se si depila le sopracciglia?
Quello di Zadie è solo uno snobismo intellettuale? (a me il suo viso sembra naturalmente bello, ma certo non trascurato da anni di incuria).

Qual'è il problema?

L'ironia è che parallelamente a questi retaggi, che sembrano inchiodare ancora la donna ad una scelta di campo tra pelosa-intelligente e depilata-scema - è esploso globalmente il mercato della cosmesi maschile.

Così, mentre la vanità maschile viene ufficialmente sdoganata - e gli uomini usano la pausa pranzo tra un meeting e l'altro per farsi la manicure - noi siamo ancora qui a tormentarci: se sono bella poi devo stare zitta?


martedì 31 agosto 2010

Vento del Nord


Sono stata a Oslo qualche giorno. E' piovuto tutto il tempo, non una pioggerellina inglese ma una simpatica pioggia nordica battente, intervallata da sprazzi di sole. Un cielo non banale, fatto di colpi di scena.


Tra le gocce ho scoperto che il socialismo capitalista nordico norvegese rende tutti uguali alla lettera (tranne la famiglia reale, suppongo).
Fantastico essere norvegesi.
Tutti ricchi uguali (reddito medio pro-capite 60.000€. Medio! Significa che donne e uomini guadagnano entrambi benino).
Un po' meno fantastico essere turisti in Norvegia, soprattutto se sei reduce da viaggi in Asia, dove vige il culto del servizio e il cliente è sacro, e dove puoi permetterti di chiedere qualunque cosa, basta pagare.


Insomma: molto educativo, se ne esce alquanto ridimensionati. Chi ti credevi di essere, sporco colonialista?


In albergo paghi un sacco di soldi per una camera mediocre ed esclusivamente senza servizio. Nel senso che se hai bisogno di un asciugamano in più devi scendere alla reception - dove troneggia l'unico dipendente dell'hotel visibile ad occhio nudo, costretto dalle circostanze a sfoggiare l'espressione 'non rompermi i c. se non strettamente necessario' - e prendertelo, democraticamente.
Alla colazione a buffet anche tè e caffè devi farteli tu, c'è sempre un angolino predisposto con tutto il necessario. Sto parlando di un hotel da 280€ a notte, minimo. Un ostello di lusso.
Tutto piuttosto efficiente, ma spartano. Senza fronzoli e smancerie inutili. Ruvido. E mai troppo confortevole, che tu non ci prenda gusto, a venire in Norvegia.
Questo estremizza il carattere nordico e li allontana un po' dagli altri paesi scandinavi (Svezia e Danimarca) dove l'estetica quotidiana è più diffusa e si incontra un po' più di dolcezza.

Hei, io di Nord me ne intendo! Ho vissuto lassù in Olanda, in Belgio (con puntatine mensili a Malmo, presente dov'è Malmo?), nelle svizzere italiana e francese (che il Nord ce l'hanno dentro).


Per cogliere il senso della norvegesitudine basta visualizzare mentalmente il Giappone e applicare la formula inversa.


Il personale è ridotto al minimo ovunque, le macchine e la tecnologia dovrebbero garantire di non schiavizzare nessuno e di ridurre al minimo i lavori umili, e umilianti.
Anche i sorrisi non si sprecano.
Che bello, un mondo senza ipocrisia!
Certo che ogni tanto un po' di falso calore umano può scaldarti il cuore, tra uno scroscio e l'altro di acqua gelida.


In generale mica puoi pretendere che qualcuno faccia cose per te.


Una volta preso atto di questo - e digerita l'assenza di un minimo value for money - cominci a notare che la vita dei norvegesi e delle norvegesi scorre su binari lisci lisci piatti piatti.
Non credo conoscano il significato del termine caos. Nessuna turbolenza inattesa. E forse nessuna grande emozione. Deve essere la latitudine.
Una ragazza spagnola che vive a Oslo da tempo mi ha confessato - mentre eravamo sedute a colazione a un tavolo comune, sgranocchiando un peperone verde crudo - che Oslo è molto, molto noiosa, che le donne norvegesi hanno il piedone da troll e non portano i tacchi e che ci sono tre settimane di bel tempo all'anno. Esagerata!


E infatti i norvegesi scappano dalla Norvegia appena possibile. E adorano l'Italia.
Al Chillout Travel Centre nel quartiere up and coming di Grunerlokka, pieno di diavolerie per renderti easy anche il viaggio più estremo, e dove puoi consultare le guide prima di acquistarle, seduto (abbastanza comodamente) su divani sorseggiando un te' roibos e ricaricandoti con una torta al cioccolato-caffè-peperoncino, ho trovato ben due copie della guida Italian Lakes.
Italian Lakes?


Mentre ero a Oslo, a Roma scorreva il film surrealista delle veline islamiche, comparse di bella presenza con in mano una copia del Corano, pronte alla conversione fulminante, pagate 40€ al giorno per sorridere al dittatore libico Gheddafi, in visita ufficiale nella Repubblica delle Banane Italia.


Cortocircuito culturale.


Tra le strade di Oslo sferzate dal vento del Nord mi immaginavo queste giovani donne italiane reclutate come ad un casting Mediaset, in base alle misure e alla corrispondenza con l'ideale femminile del nostro premier (e di molti altri maschi italici, ma solo per spirito di emulazione, certo). Una donna-fumetto dagli attributi sessuali ben pronunciati: capelli fluenti, occhi grandi, labbra carnose, seno abbondante, gamba lunga, fianco rotondo.


E le confrontavo con queste ragazze ruvide dal piede di troll, sguardo limpido, senza nuvole.
Libere di essere un po' sgraziate. Di avere qualche ruga. Di non essere sexy anche quando fanno la spesa.
Libere di fregarsene sufficientemente dell'approvazione maschile, di non adeguarsi ai canoni richiesti e di non dipendere dai loro sguardi per esistere. 
Libere di non sedurre l'uomo 24-7.


Se non per gioco nella finzione teatrale, sulla rampa dell'Opera House firmata Snohetta con la 'o' barrata (unico vero motivo di una visita a Oslo se le finanze piangono), sirene che ammaliano i visitatori quando attivate con un gettone.
Mitologia greca e nordica intrecciate e unite.


Al Nord le sirene sono rimaste solo un mito che sopravvive nella tradizione culturale folk.
Qui nel Mediterraneo le possiamo contemplare in carne ed ossa, tutti i giorni, basta accendere la TV.
Ma anche questo è folklore, no?



martedì 24 agosto 2010

donna = uomo / donna vs uomo...quid next?




Da Sii bella e stai zitta di Michela Marzano apprendo per la prima volta in modo strutturato che nella storia del femminismo, a partire dagli anni Ottanta del '900, esistono due correnti di pensiero principali: da un lato il femminismo universalista, che nega ogni differenza tra uomo e donna e sostiene l''indifferenza sessuale', dall'altro il femminismo differenzialista, che invece difende l'esistenza di due sessi differenti e secondo cui per accedere all'uguaglianza le donne non devono annullare le proprie caratteristiche distintive.

E istintivamente mi riconosco in questo secondo filone, anche se ho trovato a suo tempo necessario passare attraverso le fondamentali parole di rottura del Castoro (Castoro è l'appellativo che Sartre appiccicò a Simone de Beauvoir per tutta la loro lunga vita insieme), madre del femminismo universalista.
A dire la verità ho amato di più la de Beauvoir degli scritti autobiografici rispetto al saggio Il secondo sesso, letto a pezzetti, il tomo-mattone troneggiava accanto ai numeri arretrati della rivista Virus Mutations su quella scrivania da bigliettaia post-umana più come uno statement in sè che per addolcire l'attesa tra un visitatore e l'altro.
Ricordo di essermi immersa totalmente nella sua vita in una scorpacciata tutta di fila dei quattro volumi ('Memorie di una ragazza perbene', 1958 - 'L'età forte', 1960, 'La forza delle cose', 1963, 'A conti fatti', 1972).
Più facile per me assorbire la forza della sua ribellione attraverso il racconto della sua esistenza. Messaggio più diretto. Arte e vita!

O forse è venuto il tempo di una sintesi o superamento delle due correnti?

Oltre la negazione delle differenze tra uomo e donna.
Accettiamo la biologia e la chimica - siamo pur fatti di ormoni - e ammettiamo concentrazioni diverse di estrogeni e testosterone.
Anche se qui si intrufola a tradimento la Grande Domanda: sesso e genere coincidono?
Sesso = insieme dei caratteri biologici e genetici.
Genere = dimensione psicologica e sociale dell'essere donna e uomo.
Come per dire: siamo donne secondo la biochimica - i nostri corpi - o siamo donne secondo la società?
E cosa succederà di sesso e genere quando potremo programmarci geneticamente, intervenendo sul genoma?
E what about gay, lesbiche e tutte le sessualità intermedie, ogni sfumatura?
Per ora la metto così: siamo donne e uomini secondo un intreccio complesso di chimica e relazioni sociali. Banalizzazione necessaria.
Ritorna comunque la relazione tra corpo e cervello. Quando dico Siate belle e parlate, mi interrogo proprio su questo. Voglio essere bella e intelligente, e deciderlo io. Ma sono sicura di averlo deciso io?

Oltre, o meglio al riparo, dagli estremismi da super-donne, virago-mantidi, cultrici del Grande Utero. 
  
Certo che usare il termine Donne Alpha può essere ambiguo, lo ammetto.

Alpha Female, volendo simmetrico all'Alpha Male, potrebbe descrivere la donna dominante e quindi dominatrice, dai tratti aggressivi, e quindi - secondo stereotipi duri a morire - maschili.
Come se le donne non potessero essere aggressive senza essere giudicate mascoline.
Come se gli uomini non potessero piangere e commuoversi senza essere visti come femminei.

Non è questa l'accezione che vorrei, a priori.
Anzi vorrei proprio spazzare via quel mascolino e femmineo sputati addosso con disapprovazione.

Donna Alpha come donna nuova, come nuovo inizio, di fronte a un Uomo Alhpa complice e non furioso o destabilizzato, dentro questa società che ha preso una direzione imprevista, qui nell'Italia degli Anni Dieci.

Siate belle e parlate.

lunedì 23 agosto 2010

Sii bella e stai zitta?




Lo so.

L'immagine d'apertura che ho scelto non comunica sentimenti positivissimi. L'ho scelta dal mio archivio, era nella cartella Triennale Bovisa, ed è pure vecchia (?), del 2007.

Ma mi ha colpita, mi sono fermata su di lei, si è imposta. Ok, fittava con il blu carta da zucchero scelto per il titolo del blog. Non solo.

Credo rappresenti un po' come molte donne italiane si sentono in questo periodo, sotto la frangetta.

Sguardo basso: troppe brutture in giro, difficile sostenerne la vista.
Un solco tra le sopraciglia, dove dovrebbe stare il terzo occhio: non riesco a smettere di pensare, e a volte vorrei essere scema.
Labbra socchiuse: conterà qualcosa quello che dico? Qualcuno mi sente?
Una lacrima: mi è uscita così, non volevo essere drammatica, ma qui le cose si stanno mettendo male.

Questa estate come lettura da ombra ho scelto Sii bella e stai zitta di Michela Marzano. 
Me lo sono portato in giro come un mini manifesto su un'isola greca di nicchia, come avevo fatto nel 1998 con Il secondo sesso di Simone de Beauvoir, tenuto in grembo con fierezza mentre stavo alla cassa della mostra Rosso Vivo al PAC di Milano (il mio primo lavoro milanese, ho imparato molto).
L'ho divorato in due giorni, Sii bella e stai zitta, perdendo un paio di diottrie nella luce d'Agosto.
Parla di noi. E mette insieme molti temi che sono emersi negli ultimi anni, poi esplosi nell'ultimo anno mediatico: l'uso e l'abuso del corpo femminile, la manipolazione del ruolo della donna nella società contemporanea, la difficoltà per gli uomini di accettare questi cambiamenti.

Non posso definirmi femminista, dato che sto ancora cercando di capire che significato questo termine possa avere oggi, qui.

Intendo nell'Italia degli Anni Dieci.

Quello che so è che ho sempre dato per scontato di avere tutte le libertà e le opportunità dei miei amici maschietti, dall'asilo, all'università, al mondo del lavoro, nelle mie relazioni affettive e nelle mie passioni.
Quello che so è che ho sempre amato il mio corpo, l'ho sempre curato e mi è sempre piaciuto essere guardata. Non ho mai vissuto una dicotomia tra la mia intelligenza e il mio aspetto.

Temo però che mentre io giravo il mondo e crescevo forte di queste certezze - acquisite come per scienza infusa o ereditate tramite DNA dalle conquiste della generazione di mia madre - qualcosa si sia inceppato nel flusso della storia, forse qualcuno o qualcosa (come diceva Hitchcock in bianco e nero introducendo i suoi telefilm) ha mescolato le carte a mia insaputa, perchè oggi mi ritrovo un po' meno certa, più traballante.

E non credo che sia la PMS o i sintomi di un leggero ipotiroidismo, anche se siamo fatte di ormoni, in the end.

Credo piuttosto di essermi distratta troppo a lungo e ora è venuto il momento di parlarne apertamente.

What's up, ladies?

Vorrei pensarmi come una Donna Alpha: una nuova generazione di donne che sappia tenere insieme tutto, con consapevolezza, e che sappia difendere i risultati raggiunti, senza spaventare nessuno. Se proprio non è necessario.

Siate belle e parlate.