giovedì 28 ottobre 2010

Berlusconi mi smantella l'ironia

Credevo di essere ironica.

Credevo di avere l'ironia nel DNA.

Credevo di essere una Brit-padana.

Deviazione della freccia semantica, distacco dall'oggetto.

E invece mi ritrovo la freccia semantica incollata su binari dritti-dritti e sempre meno distaccata dall'oggetto.

Aderisco.

Affogo dentro le cose.

Sarà l'età adulta?

Sarà la Crisi?

Sarà Berlusconi?


Si, è colpa di Silvio Berlusconi.

Alla rivelazione di ogni sua nefandezza (e già usare nefandezza mi porta in alto mare. Potevo dire cialtronata, anche se sa di polvere atavica. Ma come faccio a dire cialtronata se mi si accartoccia lo stomaco?), mi si smantella un pezzetto di ironia.

Stamattina mi arriva il procione in cucina con un sorrisino beffardo, avvolto in un accappatoio umidiccio (il procione è il mio uomo-mammolo, non riesco ancora a dire marito, è un mio problema. Il fatto è che anche io sono Il procione, chiaro sintomo di coppia simbiotica, surrealmente paritaria e potenzialmente asessuata-speriamo di no. NdA).

Ha in mano l'iPad aperto sulla prima pagina di Repubblica.

'Hai sentito del Bunga Bunga?'.

E ride.

Sembra proprio godersela.

'No' - dico, trangugiando un biscotto biologico al cacao totalmente insapore -
cos'è? Il neologismo del giorno?'

'E' il nuovo gioco erotico del premier. L'ha copiato dall'harem di Gheddafi. Leggi l'articolo, io l'ho trovato spassosissimo, it made my day'

Lo guardo perplessa. Diffidenza. Ormai lo so. Quando fa' così significa che si prepara allo spettacolo della mia incazzatura. Lui provoca di mestiere.

Afferro l'iPad con le dita unte.

Poso la tazza di tè Earl Grey con abbondanti latte e zucchero, ultima vaga suggestione Brit .
Oggi non è giornata da tè verde, devo averlo intuito.

Leggo l'articolo di Colaprico e D'Avanzo:

Ruby, le feste e il Cavaliere

Durante la lettura l'Earl Grey mi si addensa spugnoso nell'esofago.

'Non ti fa ridere?'

Silenzio. Fisso i fiori del vassoio Japanware.

'No'.

Non mi fa per niente ridere. Mi viene da piangere, invece.

Altro squallore. Ancora. Non c'è limite.

Ormai dovrei avere sviluppato gli anticorpi, difese sufficienti a non farmi più ferire da descrizioni dettagliate e morbose dell'uso sistematico delle donne come merce dentro i palazzi del potere nell'Italia degli Anni Dieci.

'Io non ci riesco. E tu perchè ridi?'

'Perchè è surreale! Pittoresco! Te lo immagini il Bunga Bunga?'


Pittoresco? Preferirei che tu dicessi grottesco e inaccettabile, darling.

E non me lo voglio proprio immaginare, il Bunga Bunga.

Dopo lo sgomento e lo scoramento, sento che arriva l'incazzatura.


Perchè nessuno fa nulla?

Perchè gli uomini ridono?


Io rivoglio la mia ironia.




mercoledì 20 ottobre 2010

Ok, spatiniamoci

un modo per non accettare la schiavitù della bellezza perenne, della perfezione, della form over substance:

spatiniamoci con fierezza!

come fanno queste fantastiche donne alpha, che hanno la sfrontatezza di mostrarsi (più o meno) come sono, with all their perfections, with all their imperfections, in un mondo-photoshop.

credo ci si riesca se si ha quello sguardo.







E non c'è bisogno di essere icone-pop.
Mia madre mi insegna: oltre ai geni, ci vuole carattere.
Ma io non ho ancora quello sguardo. Ci sto lavorando...

lunedì 18 ottobre 2010

Superfici (in)visibili

Il commento di Kalla a Diritto al Personal Care mi porta a queste riflessioni:

Credo che in questo momento si stiano intrecciando due correnti, nel magma delle identità e delle superfici visibili femminili (e maschili):
1 - Il narcisismo diffuso - sostenuto anche dal marketing della bellezza globale - spinge tutti, uomini e donne, a dare un'importanza sostanziale all'aspetto fisico. Ormai è scontato concepire il corpo (e le sue protesi artificiali come abiti, accessori, gadget tecnologici) come il primo livello di contatto con gli altri e - di conseguenza - predisporlo al meglio per essere accettati, piacere, ottenere quello che desideriamo. La sindrome da prima impressione è un dato di fatto. Nel privato, nel pubblico.
2 - I mutamenti del ruolo della donna nella società moderna/post-moderna/contemporanea sono stati progressivi e hanno attraversato varie fasi, ognuna delle quali ha avuto un suo modo di intendere il corpo e l'aspetto esteriore:
- anni '60 e '70: scontro tra i sessi. Le donne si imbruttivano apposta, come espressione di ribellione a un modello di donna-bijoux-soprammobile. Si lasciavano crescere i peli sotto le ascelle e sulle gambe. Lasciavano le tette libere da costrizioni (come non molto tempo prima si erano liberate della tortura del bustino, che le rendeva belle e fragili statuine di pocellana con vitini di vespa). Non si truccavano (le femministe in prima linea) o si truccavano in modo esagerato (quelle enormi ciglia finte, gli ombretti pesanti, l'eyeliner), di nuovo per dimostrare libertà e rottura delle regole precedenti.
- anni '80 e '90: donne-maschie per forza. Per competere alla pari le donne si costringevano ad assumere atteggiamenti e modi maschili. Anche nel look: tailleur pantalone, gessati, spalle gigantesche, capelli corti. Corpi androgini alla Grace Jones e Working girl(s) nella Manhattan degli yuppies.
- anni 2000: soft-power femminile. Dopo le rivendicazioni e l'aggressività come manifesto, recupero di una femminilità come tratto distintivo e punto di forza. Caduta dell'annullamento del femminile, annegato dentro i codici maschili. La chirurgia plastica ed estetica offrono nuove opportunità ma anche trappole rischiose: per controbilanciare la donna-maschia le donne accentuano i tratti femminili in modo estremo: labbra-canotto, zigomi scultorei, seni fuori scala. Chi impone veramente questo modello?

2010. Oggi. Le due correnti si stanno fondendo dentro un macro-trend globale:
Everything is designed/Ogni cosa è disegnata: l'auto, il cellulare, il salotto, il tuo viso, lo spazzolino, il giardino, il latte, il cielo, il gatto, il sogno.
Estetizzazione diffusa quotidiana.
Anche i nostri corpi. Femminili e maschili. Dobbiamo essere belli. Perfetti. Non sono ammessi segni di cedimento. 
Per questo non è permesso invecchiare male. Bisogna invecchiare bene.
Penso che oggi entrambi i generi - e tutte le sfumature intermedie - siano intrappolati in questo paradigma.
Non credo che gli uomini soffrano meno, per il costante senso di inadeguatezza e lo stress da performance esteriore.
Solo che le donne avevano appena sentito le cinghie delle imposizioni allentarsi, dopo secoli di modelli subiti, e già si ritrovano imprigionate in una nuova costrizione: la bellezza perenne.
Ieri sera leggevo il racconto 'Festa di fine estate' di Alice Munro, ecco cosa pensa la protagonista, Roberta:
'Supponiamo che ai suoi occhi l'imperdonabile sia proprio lei. Non è sempre così la sua vita, un susseguirsi di catastrofi? All'inizio, non appena notava un deterioramento, si affannava a cercare rimedio. Ora invece, ogni rimedio porta con sé ulteriori guai. Si spalma freneticamente le rughe di crema, con il risultato che le si copre la faccia di brufoli, come un'adolescente. Affannarsi fino a raggiungere una misura soddisfacente di girovita ha prodotto guance e collo avvizziti. Ascelle flaccide. Che ginnastica c'è per rassodare le ascelle? Che si può fare? E' venuto il tempo di pagare il conto, e di che cosa, poi? Della vanità. Neanche. Solo di aver avuto in passato certe superfici gradevoli e di aver permesso che parlassero al tuo posto; solo di aver accettato che una pettinatura, un paio di spalle, un bel seno, producessero un effetto speciale. Non ci si ferma in tempo, non si sa cambiare; ci si vota alla futura mortificazione. Ecco cosa pensa Roberta, mentre un'onda di inequivocabile vittimismo le si gonfia dentro, amara come fiele.'
Quelle superfici siamo noi?


lunedì 4 ottobre 2010

Libere di fare qualcosa



Ieri sera ho sfoderato le mie risorse passive-aggressive per entrare al pelo al Teatro Franco Parenti e assistere all'unico spettacolo milanese della mini-pièce Libere, di Cristina Comencini, dialogo in sala d'aspetto tra la matura Lunetta Savino e la ragazza Isabella Ragonese.
Ho rischiato seriamente di rimanere fuori insieme ad altre 200 donne, i posti disponibili nella sala 'grande' erano solo 500. A Torino, venerdì sera, pare che a rimanere fuori siano state ancora di più.

C'èra anche qualche uomo tra il pubblico, spuntavano sparuti qua e là, ho intravisto sia visi lisci che ciuffi canuti, un paio hanno pure preso la parola.

Che donne c'èrano nella sala grande?



Molte cinquanta-sessantenni, quelle che il femminismo l'hanno vissuto e forse più sgomente di fronte all'involuzione attuale.
Parecchie trentenni, quelle più disorientate, generazione di mezzo, eterno limbo.
E poche ventenni, che invece sembrano più combattive e determinate, ma - a sentire la vecchia guardia - è solo una questione di tempo: illusione giovanile pronta a subire la mazzata a breve (notato un certo ottimismo).

A organizzare la serata il gruppo Di Nuovo

Di Nuovo

nato da circa un anno a Roma come reazione alle ultime vicende politiche ad alto tasso di maschilismo (D'Addario&Co) e che ha prodotto un documento di sintesi sullo stato di malessere delle donne italiane di oggi e la voglia di ricominciare a pensare un movimento femminile italiano:

Documento Di Nuovo

Ieri sera è stata una serata importante. Il teatro ha un linguaggio che veicola pensieri ed emozioni in modo diretto. Parla a tutti, mette tutti a nudo, senza l'apparato retorico del politichese (che tradizionalmente dice poco e ultimamente è sfociato nel nonsense).

Mettere in scena il dialogo tra le due generazioni - quella che si è già ribellata e che ricorda con nostalgia i momenti e lo spazio di condivisione e quella che  ha ereditato le conquiste precedenti dando la parità per scontata e che si è scontrata con un mondo dove tutto invece era rimasto come prima - è un inizio.

Ricominciare a parlare, prima di tutto.
Confrontarsi, condividere, al di là degli individualismi.

Perchè il problema in Italia è stato anche questo: a una prima fase di ribellione - che ha portato leggi importanti come quella sul divorzio e l'aborto - è seguito uno stallo.
Mentre negli altri paesi europei le donne hanno continuato il processo di cambiamento, anche tramite l'attività politica, in Italia qualcosa si è inceppato, i successi sono rimasti soprattutto nella sfera individuale.
Cosa ovviamente importantissima, ma non sufficiente per cambiare una società, soprattutto in un paese con fattori-contro alla radice: cultura mediterranea patriarcale e Vaticano in casa.
In Italia, lo sappiamo, ci sono moltissime donne in gamba, che hanno fatto carriera in campi molto diversi e che hanno raggiunto posizioni influenti.
Tante donne alpha, insomma.

Ma non c'è stata una controparte a livello di rappresentanza politica e lo Stato è rimasto indietro rispetto al privato.

Perchè in Europa le donne possono contare su stipendi paritari, possibilità di part-time dopo la maternità, strutture diffuse e di qualità per potersi permettere di continuare a lavorare anche se si è scelto di diventare madri? (io in Europa ci ho lavorato, e posso garantire che è tutto vero! Non c'è bisogno di fare le eroine e massacrarsi tra casa e lavoro!)

Quindi: prima dobbiamo riprendere a parlare.

Poi però dobbiamo fare qualcosa, perchè così non va.

Io ho aderito a Di Nuovo (basta una email, link dal loro sito) già qualche mese fa e aspetto con curiosità una prima riunione milanese, che Iaia Caputo - referente milanese del gruppo - ieri sera ha promesso per Novembre.

Allora, facciamo qualcosa?