martedì 31 agosto 2010

Vento del Nord


Sono stata a Oslo qualche giorno. E' piovuto tutto il tempo, non una pioggerellina inglese ma una simpatica pioggia nordica battente, intervallata da sprazzi di sole. Un cielo non banale, fatto di colpi di scena.


Tra le gocce ho scoperto che il socialismo capitalista nordico norvegese rende tutti uguali alla lettera (tranne la famiglia reale, suppongo).
Fantastico essere norvegesi.
Tutti ricchi uguali (reddito medio pro-capite 60.000€. Medio! Significa che donne e uomini guadagnano entrambi benino).
Un po' meno fantastico essere turisti in Norvegia, soprattutto se sei reduce da viaggi in Asia, dove vige il culto del servizio e il cliente è sacro, e dove puoi permetterti di chiedere qualunque cosa, basta pagare.


Insomma: molto educativo, se ne esce alquanto ridimensionati. Chi ti credevi di essere, sporco colonialista?


In albergo paghi un sacco di soldi per una camera mediocre ed esclusivamente senza servizio. Nel senso che se hai bisogno di un asciugamano in più devi scendere alla reception - dove troneggia l'unico dipendente dell'hotel visibile ad occhio nudo, costretto dalle circostanze a sfoggiare l'espressione 'non rompermi i c. se non strettamente necessario' - e prendertelo, democraticamente.
Alla colazione a buffet anche tè e caffè devi farteli tu, c'è sempre un angolino predisposto con tutto il necessario. Sto parlando di un hotel da 280€ a notte, minimo. Un ostello di lusso.
Tutto piuttosto efficiente, ma spartano. Senza fronzoli e smancerie inutili. Ruvido. E mai troppo confortevole, che tu non ci prenda gusto, a venire in Norvegia.
Questo estremizza il carattere nordico e li allontana un po' dagli altri paesi scandinavi (Svezia e Danimarca) dove l'estetica quotidiana è più diffusa e si incontra un po' più di dolcezza.

Hei, io di Nord me ne intendo! Ho vissuto lassù in Olanda, in Belgio (con puntatine mensili a Malmo, presente dov'è Malmo?), nelle svizzere italiana e francese (che il Nord ce l'hanno dentro).


Per cogliere il senso della norvegesitudine basta visualizzare mentalmente il Giappone e applicare la formula inversa.


Il personale è ridotto al minimo ovunque, le macchine e la tecnologia dovrebbero garantire di non schiavizzare nessuno e di ridurre al minimo i lavori umili, e umilianti.
Anche i sorrisi non si sprecano.
Che bello, un mondo senza ipocrisia!
Certo che ogni tanto un po' di falso calore umano può scaldarti il cuore, tra uno scroscio e l'altro di acqua gelida.


In generale mica puoi pretendere che qualcuno faccia cose per te.


Una volta preso atto di questo - e digerita l'assenza di un minimo value for money - cominci a notare che la vita dei norvegesi e delle norvegesi scorre su binari lisci lisci piatti piatti.
Non credo conoscano il significato del termine caos. Nessuna turbolenza inattesa. E forse nessuna grande emozione. Deve essere la latitudine.
Una ragazza spagnola che vive a Oslo da tempo mi ha confessato - mentre eravamo sedute a colazione a un tavolo comune, sgranocchiando un peperone verde crudo - che Oslo è molto, molto noiosa, che le donne norvegesi hanno il piedone da troll e non portano i tacchi e che ci sono tre settimane di bel tempo all'anno. Esagerata!


E infatti i norvegesi scappano dalla Norvegia appena possibile. E adorano l'Italia.
Al Chillout Travel Centre nel quartiere up and coming di Grunerlokka, pieno di diavolerie per renderti easy anche il viaggio più estremo, e dove puoi consultare le guide prima di acquistarle, seduto (abbastanza comodamente) su divani sorseggiando un te' roibos e ricaricandoti con una torta al cioccolato-caffè-peperoncino, ho trovato ben due copie della guida Italian Lakes.
Italian Lakes?


Mentre ero a Oslo, a Roma scorreva il film surrealista delle veline islamiche, comparse di bella presenza con in mano una copia del Corano, pronte alla conversione fulminante, pagate 40€ al giorno per sorridere al dittatore libico Gheddafi, in visita ufficiale nella Repubblica delle Banane Italia.


Cortocircuito culturale.


Tra le strade di Oslo sferzate dal vento del Nord mi immaginavo queste giovani donne italiane reclutate come ad un casting Mediaset, in base alle misure e alla corrispondenza con l'ideale femminile del nostro premier (e di molti altri maschi italici, ma solo per spirito di emulazione, certo). Una donna-fumetto dagli attributi sessuali ben pronunciati: capelli fluenti, occhi grandi, labbra carnose, seno abbondante, gamba lunga, fianco rotondo.


E le confrontavo con queste ragazze ruvide dal piede di troll, sguardo limpido, senza nuvole.
Libere di essere un po' sgraziate. Di avere qualche ruga. Di non essere sexy anche quando fanno la spesa.
Libere di fregarsene sufficientemente dell'approvazione maschile, di non adeguarsi ai canoni richiesti e di non dipendere dai loro sguardi per esistere. 
Libere di non sedurre l'uomo 24-7.


Se non per gioco nella finzione teatrale, sulla rampa dell'Opera House firmata Snohetta con la 'o' barrata (unico vero motivo di una visita a Oslo se le finanze piangono), sirene che ammaliano i visitatori quando attivate con un gettone.
Mitologia greca e nordica intrecciate e unite.


Al Nord le sirene sono rimaste solo un mito che sopravvive nella tradizione culturale folk.
Qui nel Mediterraneo le possiamo contemplare in carne ed ossa, tutti i giorni, basta accendere la TV.
Ma anche questo è folklore, no?



martedì 24 agosto 2010

donna = uomo / donna vs uomo...quid next?




Da Sii bella e stai zitta di Michela Marzano apprendo per la prima volta in modo strutturato che nella storia del femminismo, a partire dagli anni Ottanta del '900, esistono due correnti di pensiero principali: da un lato il femminismo universalista, che nega ogni differenza tra uomo e donna e sostiene l''indifferenza sessuale', dall'altro il femminismo differenzialista, che invece difende l'esistenza di due sessi differenti e secondo cui per accedere all'uguaglianza le donne non devono annullare le proprie caratteristiche distintive.

E istintivamente mi riconosco in questo secondo filone, anche se ho trovato a suo tempo necessario passare attraverso le fondamentali parole di rottura del Castoro (Castoro è l'appellativo che Sartre appiccicò a Simone de Beauvoir per tutta la loro lunga vita insieme), madre del femminismo universalista.
A dire la verità ho amato di più la de Beauvoir degli scritti autobiografici rispetto al saggio Il secondo sesso, letto a pezzetti, il tomo-mattone troneggiava accanto ai numeri arretrati della rivista Virus Mutations su quella scrivania da bigliettaia post-umana più come uno statement in sè che per addolcire l'attesa tra un visitatore e l'altro.
Ricordo di essermi immersa totalmente nella sua vita in una scorpacciata tutta di fila dei quattro volumi ('Memorie di una ragazza perbene', 1958 - 'L'età forte', 1960, 'La forza delle cose', 1963, 'A conti fatti', 1972).
Più facile per me assorbire la forza della sua ribellione attraverso il racconto della sua esistenza. Messaggio più diretto. Arte e vita!

O forse è venuto il tempo di una sintesi o superamento delle due correnti?

Oltre la negazione delle differenze tra uomo e donna.
Accettiamo la biologia e la chimica - siamo pur fatti di ormoni - e ammettiamo concentrazioni diverse di estrogeni e testosterone.
Anche se qui si intrufola a tradimento la Grande Domanda: sesso e genere coincidono?
Sesso = insieme dei caratteri biologici e genetici.
Genere = dimensione psicologica e sociale dell'essere donna e uomo.
Come per dire: siamo donne secondo la biochimica - i nostri corpi - o siamo donne secondo la società?
E cosa succederà di sesso e genere quando potremo programmarci geneticamente, intervenendo sul genoma?
E what about gay, lesbiche e tutte le sessualità intermedie, ogni sfumatura?
Per ora la metto così: siamo donne e uomini secondo un intreccio complesso di chimica e relazioni sociali. Banalizzazione necessaria.
Ritorna comunque la relazione tra corpo e cervello. Quando dico Siate belle e parlate, mi interrogo proprio su questo. Voglio essere bella e intelligente, e deciderlo io. Ma sono sicura di averlo deciso io?

Oltre, o meglio al riparo, dagli estremismi da super-donne, virago-mantidi, cultrici del Grande Utero. 
  
Certo che usare il termine Donne Alpha può essere ambiguo, lo ammetto.

Alpha Female, volendo simmetrico all'Alpha Male, potrebbe descrivere la donna dominante e quindi dominatrice, dai tratti aggressivi, e quindi - secondo stereotipi duri a morire - maschili.
Come se le donne non potessero essere aggressive senza essere giudicate mascoline.
Come se gli uomini non potessero piangere e commuoversi senza essere visti come femminei.

Non è questa l'accezione che vorrei, a priori.
Anzi vorrei proprio spazzare via quel mascolino e femmineo sputati addosso con disapprovazione.

Donna Alpha come donna nuova, come nuovo inizio, di fronte a un Uomo Alhpa complice e non furioso o destabilizzato, dentro questa società che ha preso una direzione imprevista, qui nell'Italia degli Anni Dieci.

Siate belle e parlate.

lunedì 23 agosto 2010

Sii bella e stai zitta?




Lo so.

L'immagine d'apertura che ho scelto non comunica sentimenti positivissimi. L'ho scelta dal mio archivio, era nella cartella Triennale Bovisa, ed è pure vecchia (?), del 2007.

Ma mi ha colpita, mi sono fermata su di lei, si è imposta. Ok, fittava con il blu carta da zucchero scelto per il titolo del blog. Non solo.

Credo rappresenti un po' come molte donne italiane si sentono in questo periodo, sotto la frangetta.

Sguardo basso: troppe brutture in giro, difficile sostenerne la vista.
Un solco tra le sopraciglia, dove dovrebbe stare il terzo occhio: non riesco a smettere di pensare, e a volte vorrei essere scema.
Labbra socchiuse: conterà qualcosa quello che dico? Qualcuno mi sente?
Una lacrima: mi è uscita così, non volevo essere drammatica, ma qui le cose si stanno mettendo male.

Questa estate come lettura da ombra ho scelto Sii bella e stai zitta di Michela Marzano. 
Me lo sono portato in giro come un mini manifesto su un'isola greca di nicchia, come avevo fatto nel 1998 con Il secondo sesso di Simone de Beauvoir, tenuto in grembo con fierezza mentre stavo alla cassa della mostra Rosso Vivo al PAC di Milano (il mio primo lavoro milanese, ho imparato molto).
L'ho divorato in due giorni, Sii bella e stai zitta, perdendo un paio di diottrie nella luce d'Agosto.
Parla di noi. E mette insieme molti temi che sono emersi negli ultimi anni, poi esplosi nell'ultimo anno mediatico: l'uso e l'abuso del corpo femminile, la manipolazione del ruolo della donna nella società contemporanea, la difficoltà per gli uomini di accettare questi cambiamenti.

Non posso definirmi femminista, dato che sto ancora cercando di capire che significato questo termine possa avere oggi, qui.

Intendo nell'Italia degli Anni Dieci.

Quello che so è che ho sempre dato per scontato di avere tutte le libertà e le opportunità dei miei amici maschietti, dall'asilo, all'università, al mondo del lavoro, nelle mie relazioni affettive e nelle mie passioni.
Quello che so è che ho sempre amato il mio corpo, l'ho sempre curato e mi è sempre piaciuto essere guardata. Non ho mai vissuto una dicotomia tra la mia intelligenza e il mio aspetto.

Temo però che mentre io giravo il mondo e crescevo forte di queste certezze - acquisite come per scienza infusa o ereditate tramite DNA dalle conquiste della generazione di mia madre - qualcosa si sia inceppato nel flusso della storia, forse qualcuno o qualcosa (come diceva Hitchcock in bianco e nero introducendo i suoi telefilm) ha mescolato le carte a mia insaputa, perchè oggi mi ritrovo un po' meno certa, più traballante.

E non credo che sia la PMS o i sintomi di un leggero ipotiroidismo, anche se siamo fatte di ormoni, in the end.

Credo piuttosto di essermi distratta troppo a lungo e ora è venuto il momento di parlarne apertamente.

What's up, ladies?

Vorrei pensarmi come una Donna Alpha: una nuova generazione di donne che sappia tenere insieme tutto, con consapevolezza, e che sappia difendere i risultati raggiunti, senza spaventare nessuno. Se proprio non è necessario.

Siate belle e parlate.