lunedì 9 maggio 2011

venerdì 22 aprile 2011

Le gatte sul tetto che scotta

 

Riporto un articolo di Camille Paglia apparso oggi su Repubblica.
Ho l'impressione che la nostalgia e il retrò-pensiero non servano molto a capire che direzione abbia preso l'evoluzione della donna.
Il fulcro rimane il nesso tra una femminilità biologico-ormonale e una socio-culturale.
Dire che Annette Benning e Julianne Moore hanno un look androgino e quindi poco femminile - se paragonate alla dea madre della uber-femminilità Hollywoodiana, Liz Taylor - nel bellissimo The kids are all right, per me non ha molto senso.
Credo che sia la dimensione culturale sia quella ormonale - grazie alle nuove frontiere della medicina, della ricerca e alle nuove tecnologie - stiano mutando, traghettando la donna verso qualcosa di nuovo.
E' un cambiamento di paradigma, e noi ci siamo sedute sopra.
O forse siamo solo gatte sul tetto che scotta?

La donna senza eros a cui l’uomo non piace più

CAMILLE PAGLIA

UNA volta, in un saggio per Penthouse, scrissi che Elizabeth Taylor era una «donna prefemminista», e che «esercita quel potere sessuale che il femminismo non è in grado di spiegare e che ha cercato di abbattere». Così argomentavo: «Attraverso star come Liz Taylor, percepiamo l’impatto rivoluzionario per i destini del mondo di donne leggendarie come Dalila,Salomè ed Elena di Troia».
“Il femminismo - continuavo - ha cercato di liquidare il modello della femme fatale come una calunnia misogina, un trito cliché. Ma la femme fatale esprime l’antico ed eterno controllo da parte delle donne del regno della sessualità”.
Per me, l’importanza di Liz Taylor come attrice stava nel fatto che rappresentava un genere di femminilità ormai assolutamente introvabile nel cinema americano o inglese, radicato nella realtà ormonale, nella vitalità della natura. Era, da sola, un rimprovero vivente al postmodernismo e al poststrutturalismo, che ritengono che il genere non sia altro che un costrutto sociale. Vi faccio un esempio. I ragazzi stanno bene, il film di Lisa Cholodenko, è bellissimo, ma Julianne Moore e Annette Bening erano drammaticamente scheletriche, viste sullo schermo. È il classico look da inedia che ormai ci proiettano le star hollywoodiane: una silhouette ossuta, anoressica, scolpita col pilates, lontana mille miglia da quello che gran parte del mondo associa al concetto di femminilità. C’è qualcosa di quasi androide nella raffigurazione della donna irradiata da Hollywood. Se Gwyneth Paltrow fosse cresciuta negli anni ’30, sarebbe stata una ragazza irrimediabilmente imbranata, di quelle che fanno tappezzeria, presa in giro per la sua magrezza. Ma oggi viene presentata alle ragazze americane come l’ideale massimo a cui tendere.
Il personaggio di Liz Taylor inizialmente costituiva una continuazione di Ava Gardner. Tutte e due avevano una lussuria e una spontaneità naturali, un magnetismo animale, anche se tutte e due, all’inizio della loro carriera, non padroneggiavano bene le tecniche recitative fondamentali, il dialogo in particolare. È questo che la gente apprezza tanto in Meryl Streep: «Oh, è così brava con le intonazioni; oh, ha una dizione perfetta ». Ma Meryl Streep non vive realmente i suoi personaggi, si limita a indossarne i panni. La Streep si traveste sempre. Ma è qualcosa di terribilmente superficiale, una questione puramente di testa, non di cuore o di corpo.
In America, negli anni ’50, le bionde erano l’estremo ideale ariano. Bionde sfacciate come Doris Day, Debbie Reynolds e Sandra Dee dominavano la scena. E poi c’era la Taylor, con quel look meraviglioso, bruno, etnico. Sembravaebrea, italiana, spagnola, perfino araba. Era autenticamente transculturale, era una resistenza radicale al predominio della confraternita di reginette e cheerleader dai capelli dorati. E poi la sua sessualità esplicita in quel periodo puritano: era qualcosa di estremamente audace. Aveva una sorta di robustezza rispetto a quegli sconquassi di vulnerabilità ed emotività che erano Marilyn Monroe e Rita Hayworth. Anche la Hayworth proiettava sullo schermo una femminilità meravigliosa e struggente, ma la Taylor era una tosta. Aveva un istinto di sopravvivenza. E un’altra sua caratteristica era che riusciva a risollevarsi da tutte le tragedie e riusciva ad attingere alle sue sofferenze per la recitazione.
L’era delle grandi regine del cinema è senz’altro finita. Sharon Stone ha avuto il suo momento di gloria con Basic Instinct.
Non solo nella famosa scena dell’interrogatorio nella stazione di polizia: in tutto il film disponeva del sesso e disponeva della telecamera. Lì ebbi un fugace momento di speranza. Pensai: «Il sesso sta finalmente tornando a Hollywood? » E invece no, non sono più riusciti a trovare un ruolo tanto convincente per la Stone, e il momento magico passò.
Angelina Jolie era fantastica in Gia,dove interpretava la parte della modella bisessuale Gia Carangi, morta di Aids. Aveva la sensualità e l’energia animale di Ava Gardner. Ma dopo essere assurta allo status di star globale, la Jolie ha deciso di diventare la grande star umanitaria. Improvvisamente si crede l’ambasciatrice delle Nazioni Unite per tutta la miseria umana del mondo. Tutto si trasforma in concetti elevati, e presto si ritrova a collezionare un serraglio multirazzialedi bambini. Il risultato è un appiattimento totale della sua immagine artistica.
Da un certo punto di vista, Angelina Jolie ha il problema di essere una star nell’epoca dei paparazzi, in cui sei braccata molto più di quanto era braccata Liz Taylor. E così la Jolie è diventata difensiva e riservata, e ora c’è qualcosa di troppo calcolato e manipolatorio nel suo personaggio pubblico, e lei è diventata meno interessante di com’era. Ovviamente, non c’è nessuno che scriva grandi ruoli per lei. Le danno ruoli da film d’azione come Lara Croft inTomb Raider, dove una donna contemporanea deve dimostrare di essere tosta e saper tenere testa fisicamente agli uomini. Ma non sono sicura che Angelina Jolie sarebbe capace di gestire alcuni dei ruoli che Liz Taylor sapeva interpretare tanto bene. C’è una rilassatezza nello stile di recitazione di Liz Taylor – e in Liz Taylor in quanto donna – che non c’è in Angelina Jolie, che trasmette sempre una sensazione di diffidenza o tensione.
Siamo in un periodo in cui tutto dev’essere tirato, nella mente e nel corpo. E in parte il motivo è che siamo nell’era del dopo-studios. La Taylor era una creazione del vecchio sistema hollywoodiano deglistudios. E nello studiocinematografico si cresceva ultraprotette. Era un contesto familiare che certe persone – come Katharine Hepburn e Bette Davis – trovavano claustrofobico. Ma che invece fu molto proficuo per una persona come Liz Taylor.
La Jolie ha una vita piuttosto difficile, instabile, irrequieta. Lei è una dura, una sopravvissuta, una un po’ cinica. In Liz Taylor non si percepisce mai cinismo. Secondo tutti quelli che l’hanno conosciuta, era una donna calorosa e materna. E questa è un’altra cosa importante: tutte queste star dei giorni nostri, che accumulano figli con un esercito di tate. Nonostante tutti i suoi figli, nessuno definirebbe materna Angelina Jolie. Ma l’aspetto materno di Liz Taylor ha un ruolo fondamentale nel suo potere eterosessuale. Lei era in grado di controllare gliuomini. A lei piacevano gli uomini. E lei piaceva agli uomini. C’era una chimica fra lei e gli uomini che veniva dai suoi istinti materni.
Scrivo su questo argomento da anni, e le mie riflessioni sono state ispirate anche dalla visione di Liz Taylor sullo schermo e fuori. La donna eterosessuale felice e di successo si sente tenera e materna verso gli uomini, ma è qualcosa che è andato completamente perduto nella nostra epoca femminista. Ora le donne dicono agli uomini: tu devi essere il mio compagno, e devi essere proprio come una donna, essere il mio migliore amico e ascoltare le mie chiacchiere. In altre parole, alle donne gli uomini in realtà non piacciono più: vogliono che gli uomini siano come le donne. Liz Taylor amava gli uomini e gli uomini amavano starle intorno, perché lo percepivano. Ma lei non era una mansueta. Sapeva darle, oltre che prenderle. Erano famose le baruffe senza esclusione di colpi tra lei e Richard Burton, ed era qualcosa che lei adorava. Nessun uomo l’ha mai comandata. Nemmeno per un secondo.
www.salon.com/www. nisyndication.com (Traduzione di Fabio Galimberti)


martedì 15 marzo 2011

amiche

se una donna regala a un'altra donna una sciarpa color vomito, si può ritenere sua amica?

perchè le donne non sanno andare d'accordo superficialmente come gli uomini?
dirsi poco, quel tanto che basta. non dirsi proprio tutto e poi pentirsi.

perchè litigano-serio?

sarebbe così rilassante darsi pacche sul culo, una stretta di palle puf puf e amiche come prima.

che sia anche per questo - oltre al sistema endocrino e muscolare - che gli uomini hanno governato l'universo fino ad ora?

gli uomini fanno team.

le donne sembra di si, si mettono vicine, fanno le complici, fanno la compa, fanno la lotta di genere, poi però si guardano le scarpe e gli zigomi, si spulciano le idee, mettono le emozioni nel bollitore e finisce male.

è colpa dell'utero?

banale.

questa cosa va superata una volta per tutte se vogliamo avere una chance di governare l'universo, ragazze.


martedì 8 marzo 2011

consumismo?

Non credo proprio che sia il consumismo in sé a ridurre la donna ad oggetto.

Come sempre qui da noi, in this country for old men, si ha una visione distorta della realtà. 

La fame di prodotti e marchi e il rischio di mercificazione delle relazioni, delle persone, delle idee, riguarda le vite dei cittadini di tutte le economie mature e alcune fasce della società nei paesi dalle economie emergenti.

Uomini-panino, donne-crema da giorno, bambini-merendina, matrimoni-divano sono la norma ovunque.

Ma donne-coscia, donne-culo, donne-tette, donne-pushup, donne-silicone, donne-protesi, donne-perizoma, donne-escort, donne-bunga bunga sono la norma solo in Italia.

Mai stata così forte la voglia di un cambio generazionale della classe dirigente e politica di questo paese avulso dalla storia.

discorso di Napolitano per l'8 Marzo


venerdì 4 marzo 2011

Women in street art / Berlin




cyber mutante e Saraghina (la prostituta in Amarcord).
ecco come ci vedono gli artisti di strada - qui direi maschi - che sanno cogliere in anticipo gli umori sociali.

berlino.

giovedì 17 febbraio 2011

Doppia Nemesi

 


Le parole in Italia hanno perso peso, significato, sono diventate intercambiabili all'infinito, sono esseri mutanti.
Ci fluttuano in testa come un pay-off pubblicitario o un tormentone estivo e non sappiamo da dove sono venute, chi le ha inventate.

LEGITTIMO IMPEDIMENTO
PROCESSO BREVE
BUNGA BUNGA
DISCESA IN CAMPO
CONTRATTO CON GLI ITALIANI
TOGHE ROSSE
LINCIACCIO MEDIATICO
GOLPE DELLA MAGISTRATURA
FARE CAUSA ALLO STATO
...

Ce lo ha ricordato Gianrico Carofiglio nel saggio divulgativo La manomissione delle parole, uscito a fine 2010.

Ce lo espone Barbara Spinelli in questi giorni dalle pagine di Repubblica, con i suoi editoriali lucidissimi:

La Fattoria degli italiani

Il papi padrino

Tutte le società delle economie mature, e sempre più anche di quelle emergenti, sono diventate società dell'immagine. Non è certo un fenomeno italiano. O recente.



Se però all'importanza strategica della superficie delle cose, della bella patina, dei sorrisi perenni a cinquanta denti, delle belle facce e dei bei corpi - come dice anche Michela Marzano in Sii bella e stai zitta - si aggiungono la manomissione e la volatilità delle parole, si crea un humus ideale per deragliamenti dittatoriali. Di nuova generazione, of course.

Hitler aveva al suo fianco un architetto, Albert Speer, il più grande stratega di marketing e comunicazione della storia recente.


Senza finire intrappolati in analisi superficiali della simbologia del potere (politico e religioso, cito solo tombe di faraoni e chiese romaniche) e di regime (tutti i regimi, a destra e a sinistra), basta riprendere in mano 1984 di Orwell, pubblicato nel 1949.

La neolingua serve all'ideologia di Partito - il Socing - per fondare una nuova realtà e una nuova verità.

Ce lo ha fatto notare anche Gustavo Zagrebelsky, e non si riferiva al Socing:

La neolingua del Cavaliere

Se in questa surreale e triste Italia degli Anni Dieci siamo intrappolati dentro una neolingua berlusconiana, allora non potranno essere le parole a liberare l'altra metà degli italiani, quelli che non hanno mai messo in discussione la figura del Presidente, che non sono scesi in piazza il 13 Febbraio.
Quelli che non credono ad altro che alla neolingua.

Più facile che possano essere delle immagini a rompere l'incantesimo berlusconiano.

In queste ore si parla di foto del Cavaliere Nudo.
Foto scattate dalle ospiti dei festini di Arcore, nel sotterraneo o nei lettoni di Putin.

Forse a queste immagini scandalose, raccapriccianti, disgustose, di un vecchio satiro aggrappato a carni sode minorenni, l'altra metà degli italiani crederà.

La Nemesi del Cavaliere potrebbe essere dal punto di vista politico Rosy Bindi, ma nell'arena mediatica e nella coscienza di massa, potrebbe essere invece una bella foto nitida del culo flaccido del Cavaliere.

Sarebbe una caduta doppiamente ironica: inferta da una donna, e da un'immagine di sè non approvata.

domenica 13 febbraio 2011

adesso



io oggi c'éro.
c'éro molto.
ok, all'inizio ho avuto un semi attacco di agorafobia e un accenno di reazione isterica all'effetto-scolo degli ombrelli, l'acqua che mi colava a rigoletti giù per la manica.
ma ho tenuto duro, ho inspirato in otto tempi - trattenuto quattro - espirato otto.
mi sono ripetuta sei un animale da piazza, in fondo.

e mi sono guardata attorno.
una volta calati gli ombrelli, ho visto gli occhi delle donne e degli uomini che si ammassavano attorno a me. i bambini sulle spalle. ho guardato a terra, tutti quei piedi.
ho trovato solidarietà nella signora a fianco, che mi ha donato un suo kleenex. me ne voleva dare due, e io ne ho preso solo uno.

e piano piano, le parole amplificate in sottofondo, ho sentito la voce della piazza, gli umori della piazza che oscillavano in ondate ritmate dagli applausi, i cori, le risate.
ho capito la forza di questo magma positivo.

se non ora, quando?
adesso, senza più dubbi.