giovedì 23 settembre 2010

Tacones lejanos



La donna alpha ha bisogno di ergersi al di sopra della polvere, della sporcizia della strada, dei pregiudizi, degli sguardi obliqui, delle pulsioni troppo uterine, delle calamità naturali, dei ruoli precostituiti, di ogni sospetto.

Speriamo ci reggano le caviglie :-)



mercoledì 15 settembre 2010

Conguaglio linguistico



Ho notato che ultimamente dentro la scatola e sulla carta (non nella rete, in generale meno ingessata e ruffiana) si tende a distinguere. 
La lingua italiana lo permette.

Giornalisti, presentatori, politici a destra e a sinistra, mezzi busti ci tengono a puntualizzare, fissando concentratissimi la telecamera (o la tastiera), dando ritmo e tono appropriati:

'Le spettatrici e gli spettatori...'

'Le cittadine e i cittadini italiani...'

(sempre prima al femminile, che galanteria)

Che succede?

A prima vista mi sembra una furbata ipocrita sull'onda dei maldipancia da D'addario&Co, quote rosa linguistiche, pura fuffa retorica, con vago odore di muffa ottocentesca.
E in chiara prospettiva pre-elettorale (e adesso la donna incazzata chi voterà?)

Per capire se possa essere un segnale più ampio dal punto di vista linguistico, mi sono letta questo documento del 2007, very inspiring:

Il genere femminile nell'italiano di oggi

Scopro che negli anni '70 (che strano) si è arrivati alla conclusione che la lingua italiana è di stampo androcentrico (che strano) e quindi non adeguata ad esprimere il genere in modo corretto.
'La lingua non veicola adeguatamente la nozione di genere ma ne dà una versione deformata'.

Per esempio, è giusto dire:

'Il soprano è andata via con suo marito'

o

'La soprano è andata via con suo marito'

?

E' giusto anteporre l'articolo femminile, se il referente è femminile.
Ma suona sbagliato, no?
Come suona ancora sbagliato declinare al femminile alcune professioni: l'architetta, la notaia, l'avvocata (guarda caso professioni non troppo tempo fa precluse alle donne)...mentre questa è la direzione corretta.

(pensare che se mi chiamano architetta mi dà sempre un po' fastidio, credo di trovare maschilista l'assonanza con la tetta, mi sembra sempre una presa per il c. e probabilmente lo è)

Questo perchè la lingua italiana si presta e si è sviluppata facendone un uso sessita.
La lingua è puro simbolo e riflette la società che la produce.

Ma allora cosa significa in questo momento tutta questa enfasi sulla distinzione all'interno dell'audience tra uomini e donne?

Spettatrici e spettatori.

Scopro che è corretto 'evitare l'uso del maschile come genere non marcato' (maschile 'onnivalente') per evitare l'oscuramento dei referenti femminili (ci saranno sicuramente sia donne sia uomini all'ascolto e i cittadini italiani sono di certo sia uomini sia donne).

Non so, ma mi suona come fregatura.
Pura forma. Un doppio salto mortale linguistico, tanto per confondere le acque.
Dal sessismo linguistico alle pari opportunità?
Sarà l'effetto di una circolare ministeriale voluta da Mara Carfagna?

Pensiamo piuttosto a riallineare il nostro paese al resto del mondo, la lingua seguirà.

martedì 7 settembre 2010

Somewhere else


Mi chiedo cosa abbia spinto Sofia Coppola - nonostante tutto ancora la mia regista preferita - a inserire un pezzo di Italietta-Videocracy nell'esile Somewhere.

Perchè immergere per un giorno i due protagonisti - padre attorefamosostraniato molto lost in Los Angeles e figliadolescentesensibile molto vergine eterea - nella palude del peggiore kitch italico contemporaneo, dove galleggiano velone telegatte, cosce di vera Marini, urla di vera Ventura, distributori pappa similCecchiGori, attricette ninfomani Chiatti?

Sofia Coppola è una vera trend setter indie, è una che annusa i mood e cattura l'essenza del nostro tempo, l''air du temps', e poi la traspone con leggerezza nei suoi film fatti più di sensazioni ed epifanie che di storie solide.

Se ha scelto l'Italia berlusconiana come parentesi pop trash internazionale per il suo ultimo film, il motivo non può essere solo autobiografico.

Forse ha sentito che è il momento giusto per stigmatizzare il nostro modello culturale dominante.

Nella speranza che se ne intravvedano le crepe, somewhere.

venerdì 3 settembre 2010

Diritto al Personal Care


Io mi prendo cura delle mie mani e dei miei piedi.

Mi depilo, anche d'inverno.

Tengo in ordine le sopracciglia.

Mi sottopongo regolarmente a trattamenti viso e corpo, massaggi e soin.

Cerco di fare regolarmente un hammam: ha effetti detox e rafforza le difese.

Tengo sotto controllo la pelle del viso, dall'esterno - con una routine quotidiana skin care a base di prodotti il più possibile naturali, privi di paraben e fragranze di sintesi - e dall'interno - con integratori come l'MSM, gli Omega 3, 6, 9, la Maca, il Magnesio.

Curo i miei lunghi capelli castani facendoli lavare da mani esperte una volta alla settimana con shampoo-miele e balsamo-primula.


Per chi faccio tutto questo?

Per me?

Narcisismo puro?

Per piacere agli altri?

Per sentirmi bene con me stessa e con il mondo?

Lo faccio perchè mi va.
Mi fa sentire bene.
E non ci vedo proprio nulla di male o di contraddittorio rispetto alla mia dimensione pensante o alle mie idee politiche.

Il Personal Care non è dominio della destra conservatrice!

Nell'Italia degli Anni Dieci una donna che ama mantenere il proprio corpo in forma deve essere ancora etichettata come 'donnicciola frivola e superficiale'?

Non sono categorizzazioni un po' troppo logore?

Certo che se la voce femminile in Parlamento emerge solo se Daniela Santanche' replica a Barbara Contini riguardo alle donne del Pdl relegate a ruoli subalterni con la celebre frase 'I tacchi a spillo logorano chi non ce li ha' siamo noi stesse a cementare queste antitesi anacronistiche.


Mia madre, nata nel '48, negli anni '70 non portava il reggiseno, non si depilava regolarmente e non si sarebbe mai sognata di andare dal parrucchiere una volta alla settimana. Tempo sprecato. Soldi sprecati. Vanità deplorevole.

Ma lei, con la sua generazione, doveva opporsi ad un modello di donna-angelo-del-focolare alla Doris Day (vedi serie Mad Men arrivata alla quarta stagione, che affronta - con stile - proprio quel passaggio, negli Stati Uniti dei primi anni '60). Era in corso una lotta (e forse noi oggi la diamo per scontata). C'èra bisogno di estremizzare gesti e pensiero.



Zadie Smith, autrice che amo, dichiara in un'intervista pubblicata su D di Repubblica di Sabato 28 Agosto:

D: Natasha Walter ha scritto un saggio sull'ipersessualizzazione della cultura. Lei ha una figlia piccola. Si preoccupa?

Zadie Smith: Certo. E pensare che mia madre, grande femminista, non si è mai truccata in vita sua. Mai. E io sono cresciuta senza trucchi. E' stato all'università, a 21 anni, che qualcuno mi ha detto 'forse dovresti fare qualcosa con le sopracciglia'. E così mi sono depilata per la prima volta le sopracciglia e pure le gambe. Che enorme spreco di tempo!


Perchè negli Anni Dieci una donna che usa il cervello per vivere deve sentirsi in colpa e obbligata a giustificarsi se si depila le sopracciglia?
Quello di Zadie è solo uno snobismo intellettuale? (a me il suo viso sembra naturalmente bello, ma certo non trascurato da anni di incuria).

Qual'è il problema?

L'ironia è che parallelamente a questi retaggi, che sembrano inchiodare ancora la donna ad una scelta di campo tra pelosa-intelligente e depilata-scema - è esploso globalmente il mercato della cosmesi maschile.

Così, mentre la vanità maschile viene ufficialmente sdoganata - e gli uomini usano la pausa pranzo tra un meeting e l'altro per farsi la manicure - noi siamo ancora qui a tormentarci: se sono bella poi devo stare zitta?